30 aprile 2009

Cordoba

La fioca luce del tramonto si attenuava lentamente fin quasi a scomparire dalle ultime colonne sul fondo dell’immensa sala, lasciando il posto all’oscurità che, a poco a poco, avvolgeva il salone.
Solo i riflessi vermigli delle torce sulle pareti, con i loro bagliori rossastri, rischiaravano a tratti la folla dei presenti.
Amhed, inginocchiato accanto al suo maestro, ripeteva, raccolto in preghiera, la Sura, mentre questi, seduto al suo fianco avvolto nella lunga veste da cerimonia, appariva distante, con lo sguardo assorto sotto la barba canuta.
La Moschea dalle cento colonne si stendeva a perdita d’occhio intorno a loro ed alle centinaia di fedeli lì riuniti per la preghiera della sera, come se Allah, sia Benedetto il Suo nome, avesse voluto ancora una volta radunarvi lì gli eletti, per avvolgerli in un unico grande abbraccio.
All’unisono, come membra animate di un unico essere, i fedeli si alzavano ritmicamente in piedi, per poi inginocchiarsi fino a toccare con la fronte le stuoie che coprivano il pavimento della Moschea in direzione del mihrab, il vero cuore di questa, rivolto in direzione della Sacra Roccia.
La nicchia, illuminata dal fuoco delle fiaccole, che ne accentuavano i riflessi rossastri del tramonto, risplendeva di una luce magica che ne esaltava le decorazioni ed i fregi, facendo apparire lì, palpabile, la presenza dell’Onnipotente.
Una luce mistica avvolgeva poi il Sacro Libro, quasi infondendo vita alle iscrizioni fregiate d’oro mentre, a pochi metri, su una pedana leggermente sopraelevata e coperta di morbidi cuscini, il Califfo Al Mansur era inginocchiato in preghiera, circondato dagli alti dignitari di palazzo.
Poi la voce del Gran Visir si alzò improvvisa, sopra le altre, annunziando la fine della preghiera ed invitando i fedeli ad invocare la protezione di Allah, sia sempre Benedetto il Suo nome, sul Califfo Al Mansur e sulle loro vite.
Amhed lo vide allora uscire, austero ed avvolto in vesti preziose intarsiate di gemme, preceduto dalle guardie di palazzo e dal seguito dei notabili.
Al Mansur, il Califfo Omayyade, ultimo discendente del Profeta e di quella dinastia che aveva regnato nella misteriosa Baghdad tra fasti e splendori inimmaginabili, scacciata solo dal tradimento e dal bagno di sangue che aveva posto sul trono, al loro posto, la stirpe degli Abbasidi.
E mentre la folla, lentamente, alzandosi dalle stuoie, abbandonava la Moschea, Amhed notò come una piccola folla di giovani si stesse raccogliendo attorno al suo maestro, ancora assorto in preghiera, desiderosi di ascoltare, attraverso questi, le parole e gli insegnamenti del grande scienziato greco Aristotele, il cui pensiero il suo maestro così a fondo aveva esplorato nell’età della giovinezza.
Averroè, nel silenzio della piccola folla raccoltaglisi attorno, alzò allora lo sguardo verso di lui, facendogli cenno di avvicinarsi per aiutarlo a rialzarsi e accompagnarlo verso il patio esterno.
E mentre lo sorreggeva camminando insieme attraverso la selva di colonne in pietra che li circondava, Amhed ne scorse ancora lo sguardo quasi spento, come perso in un mondo irreale in cui le argomentazioni del pensiero non erano ancora riuscite a trovare una risposta agli interrogativi dell’anima.

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