26 settembre 2009

Football

Battiti, avverto il mio cuore, mi manca il respiro.
Secondi, un altro battito, sudore sotto il casco protettivo.
Secondi, sfugge lo sguardo, vedo gli occhi dell'avversario di fronte a me, sento il suo affanno, anch'egli è in tensione.
Sta ripassando mentalmente lo schema ... forse è nel panico, forse non lo ricorda.
Rapido guardo il suo volto a quello del Quarterback in piedi dietro di lui.
Sento la tensione, i nervi si tendono, niente saliva, apro la bocca, respiro tra i denti.
Ansia.
Profumo di rose nel naso, strano avvertirlo ... forse è l'erba.
Rumore assordante, urla del pubblico. Il mio fiato non esce... ricordo i corn flakes e il bacon stamattina, ricordo mia moglie e dopo nello spogliatoio le ultime raccomandazioni dell'allenatore.
E' il momento, lo sento, urla, sta urlando; il Quarterbeck sta ripassando lo schema, chiama i comandi.
Solo un attimo, ancora solo un attimo.
Lo vedo, mi manca l'aria, non sento il braccio, il corpo mi pesa, le protezioni mi pesano.
Chiudo gli occhi, non penso, ripasso i movimenti: finta, scatto a sinistra e poi a destra, per liberarmi dall'avversario dinanzi. Riguardo il mio avversario, mi sta fissando - suda - cerca anche lui di capire cosa farò.
Ma sono deciso. Lo fisso a mia volta, dietro di lui è il mio obiettivo, il Quarterback, il suo capitano, che lui deve proteggere.
Il pubblico urla, rumoreggia, sale la tensione, non sento più nulla solo un ronzio e il mio ansimo. Devo lanciarmi di scatto - mi ripeto - nessuna esitazione, un balzo deciso... e spingere, spingere, spingere forte, con gli occhi chiusi, senza pensare.
Ho la gola secca, un attimo e...
Partiti!
Scatto, sento il contatto con lui che mi è davanti, faccio una finta, lo afferro, lo spingo, lo sbilancio, cade.
Sono smarcato ... ho un corridoio, ansima il mio respiro, ho il cuore in gola, sento intorno i colpi dei contrasti tra i miei compagni con gli avversari.
Ma ormai ce l'ho fatta, io solo sono oltre la linea avversaria.
Vedo il mio obiettivo, il loro Quarterback ... ed ha ancora con sé la palla. Mi lancio.
Aspetta! Fermo! Non lanciarla! Pensa ancora qualche secondo, studia la posizione dei tuoi, guardali ancora. Pensa! Pensa ancora ma trattienila, trattienila, trattieni la palla ... così che ti afferri.
Attendi, aspetta! Ancora un secondo, il tempo di un balzo ... per stenderti al suolo.
Ecco...
Sei mio!


21 settembre 2009

Egon Schiele (Tulln 1890 - Vienna 1918)



Scivolano rapidi i mie passi sui selciati imperiali
sfiorando le sfarzose carrozze dell'altrui vita
mentre, in fretta, mi nascondo alla vista
di quei neri calessi
che accrescono in me
solo i dubbi.

Zoccoli di bianchi destrieri
scalpitano sulla pietra
sottraendo lenti quei maestosi palazzi
a sguardi ancor più annoiati
di passeggeri indolenti.

Ed io
dal basso
lancio occhiate a cieli di un giallo intenso
a case arancioni dai verdi infissi
intarsiate
quasi protette
dalla bianca luce dei panni stesi
che ogni volta accecano il mio sguardo interiore
soffocandomi in un mondo di colori
che solo a me appartiene.

Danzano incessanti
incrociandosi sulla candida tela
i miei occhi assetati
di coglier riflessi color rubino
sul nudo del mio autoritratto sbiadito
lasciando però che la mia anima
resti celata sotto una patina
di grigio colore.

Così l'avido desiderio
di possedere altri corpi
stravolge l'immagine della modella che ho dinanzi
contorcendola in pose grottesche
quasi animali
per me sensuali.

Luce di follia
che travolgevi la mia mente
tu sola
mi accompagnasti
donandomi sollievo
nell' ultimo sonno
spengendoti con me
insieme al mio corpo malato.

Ritratti



Giullari di sale
roteano nella stanza
sfiorando i velluti.

Maschere ambigue
mi scivolano accanto
come in una macabra danza
mentre sfuggo agli sguardi morti
ritratti sulle pareti.

Istantanee di vita
pietrificate nel ricordo
emozioni vissute
da anime ormai lontane.

Silenti spettatori del vuoto
delle nostre quotidiane risa
sorridono a loro volta
aspettando pazienti
il nostro arrivo.